venerdì 12 marzo 2010
L Islam e la personalita' della donna
Prima dell'Islam quasi tutte le legislazioni non conferivano alla donna un
ruolo importante. Nel diritto Romano ad'esempio durante tutta l'età repubblicana la donna veniva considerata unicamente in relazione alla propria
famiglia e aveva pochissimi diritti.In Grecia ad'esempio,nel periodo Classico
la donna veniva reclusa nelle case nel cosiddetto gineceo e generalmente non
aveva alcun diritto personale. Solo con l'avvento del Cristianesimo fu permesso
alla donna romana di emanciparsi rispetto al legame familiare diventando suora:
era l'unico modo per poter studiare e per poter godere di una relativa
tranquillità con l'avvento dell'Islam la donna ebbe moltissimi diritti che non
le venivano concessi prima come ad'esempio divorziare,all'eredità e alla
proprietà personale a lavorare e a tenersi i guadagni,quello che è importante è
che finalmente la donna come e piu' dell'uomo venne liberata dagli oppressivi
legami tribali che schiacciavano l'individuo.
Le consietudini infatti quando diventano superstizioni possono essere un ostacolo assoluto a qualsiasi progresso,intellettuale,morale,sociale infatti nei primi anni della predicazione di *Mohammed fuorono pochissimi gli uomini e le donne che uscirono
allo scoperto dichiarando la loro fede in mezzo alle persecuzioni: tra esse la
prima martire Sumaya e la prima moglie del profeta *Khadija Madre dei Credenti.
Le prime conversioni o meglio ritorni all'Islam venivano sanciti da un
giuramento che uomini e donne prestavano personalmente nelle mani del Profeta*:
Ogni persona a prescindere dal suo sesso,etnia,cultura,epoca è chiamata
personalmente d'Allah** a rispondere alla chiamata che ognuno di noi riceve in
base alla nostra risposta la nostra vita sarà felice o infelice. Tra i Sahba*
la prima generazione di musulmani ci fuorno donne eccezionali,guerriere ,
poetesse impegnate nella vita politica,sapienti.Aisha* Madre dei Credenti fu la
prima donna Mufti e trasmettitrice di hadith. Umm Khultum la prima ragazza che
appena quindicenne scappò dalla casa paterna percorrendo 500 Km di deserto con
un anziana guida per unirsi ai Musulmani a Medina,e vivere da musulmana questo
dimostra come la personalità della donna sia esaltata dalla fede e come tutte
le donne possono seguire un percorso personale di fede islamica quale che sia
la loro lingua cultura,nazionalità,professione,età o condizione sociale.
Parimenti molto importante fu il contributo che la civilizzazione Islamica
diede al mondo moderno:furono tradotti innumerevoli testa dal Latino e dal
Greco settori fondamentali della scienza come la matematica,la medicina le
scienze naturali e conobbero un grande sviluppo grazie agli Arabi le donne
parteciparono vattivamente a questo processo: si contano soltanto nell'ambito
delle scienze religiose oltre 200 donne insegnanti nelle università del mondo
islamico nei primi secoli d ell'islam con l'istituzione di borse di studio che
consentivano alle donne povere di istruirsi.Consiglio tutte le donne che vogliono
studiare l'Islam di farlo tenendo presente che è una religione universale che permette una vita degna ed elevata a tutti.Alcuni avranno l'impressione che l'islam sia una religione "araba" o
"esotica" ma non è cosi.Oggi gli arabi tra l'altro rappresentano circa il 20%
dei musulmani e l'Islam è in crescita in tutto il mondo proprio dove ci sono
meno musulmani come in europa o nelle americhe.
Salam Amina Salina
lunedì 1 marzo 2010
No alla violenza contro le donne
I giudici confermano Niente motivazione religiosa per il delitto
di Amina Salina
Per la Cassazione non ci sono dubbi: non fu legata a motivi religiosi o culturali la morte di Hina Saleem, la pachistana sgozzata dal padre con la complicità di due generi a Brescia. Si chiude così definitivamente per la giustizia italiana l’orrendo assassinio della giovane pachistana uccisa dal padre-padrone in cui la Santachè accusò apertamente la religione islamica come movente dell’orribile mostruoso atto. Una tesi che non convince la giustizia italiana che ha confermato i trent’anni di carcere al padre di Hina adducendo motivi che nulla hanno a che fare con la fede casomai con la sua mancanza.
Secondo la suprema corte il padre omicida agì per un patologico e distorto rapporto di possesso parentale. Aggiunge la Suprema Corte - che ha confermato la condanna a 30 anni - che il padre ha sfogato la riprovazione furiosa del comportamento della figlia, perché mosso da «rabbia per la sottrazione al reiterato divieto paterno». Ciò significa che contro la legge islamica il padre si considerava come il padrone della propria figlia con poteri assoluti. Già al processo d’appello Daniela Santanchè aveva tuonato contro le moschee e gli imama colpevoli secondo lei - di avere dato un immagine distorta della donna. “Fin quando nelle moschee del nostro Paese – prosegue- sedicenti imam continueranno impunemente a propagandare dottrine che raffigurano la donna musulmana come una creatura impura e imperfetta, tragedie come quella di Hina sono destinate a ripetersi”.
Nello stesso giorno si lanciava contro l’UCOII svelando il suo vero progetto politico quello di un islam di Stato sottoposto al controllo governativo con imam nominati dall’alto ed una comunità ridotta al silenzio. “Solo negli ultimi anni – ricorda Santanchè- sono decine le immigrate musulmane giustiziate dai propri familiari solamente perché, come Hina, avevano comportamenti troppo occidentali. In questi stessi anni, i vertici dell’Ucoii, responsabili della gran parte dei luoghi di culto islamici in Italia, hanno continuato a prendersi gioco dei principi non negoziabili della nostra Carta Costituzionale, compreso quello che sancisce la fondamentale parità dei diritti tra uomo e donna. È ora che vengano chiamati a dar conto del loro comportamento”. “L’iniziativa del Movimento per l’Italia – prosegue Santanchè – in favore di una legge che prevede l’istituzione di un Registro pubblico delle nostre moschee e di un Albo professionale degli imam, affidati ad una Commissione mista di personalità italiane e del mondo musulmano democratico e riformatore, va in questa direzione. È la strada intrapresa da molti Paesi europei e sono certa che il ministro Maroni vorrà fare altrettanto. Tra la violenza fondamentalista sulle donne musulmane dell’immigrazione e la violenza del terrorismo islamico contro l’Occidente, il confine è molto più sottile di quanto possa sembrare”.(Fonte http://www.mpli.it/wp/?p=1756)
Questo nonostante il fatto che sia l’ADMI sia l’UCOII avessero condannato apertamente la violenza contro le donne non solo quella fisica ma anche quella psicologica o morale. Come dire: “non c’è sordo più sordo di chi non vuol sentire”.
salam
amina salina
Venerdì 19 Febbraio,2010 Ore: 22:49
Veniteci a trovare numerosi sul dialogo dove troverete tutti i miei articoli e quelli di molti altri collaboratori
di Amina Salina
Per la Cassazione non ci sono dubbi: non fu legata a motivi religiosi o culturali la morte di Hina Saleem, la pachistana sgozzata dal padre con la complicità di due generi a Brescia. Si chiude così definitivamente per la giustizia italiana l’orrendo assassinio della giovane pachistana uccisa dal padre-padrone in cui la Santachè accusò apertamente la religione islamica come movente dell’orribile mostruoso atto. Una tesi che non convince la giustizia italiana che ha confermato i trent’anni di carcere al padre di Hina adducendo motivi che nulla hanno a che fare con la fede casomai con la sua mancanza.
Secondo la suprema corte il padre omicida agì per un patologico e distorto rapporto di possesso parentale. Aggiunge la Suprema Corte - che ha confermato la condanna a 30 anni - che il padre ha sfogato la riprovazione furiosa del comportamento della figlia, perché mosso da «rabbia per la sottrazione al reiterato divieto paterno». Ciò significa che contro la legge islamica il padre si considerava come il padrone della propria figlia con poteri assoluti. Già al processo d’appello Daniela Santanchè aveva tuonato contro le moschee e gli imama colpevoli secondo lei - di avere dato un immagine distorta della donna. “Fin quando nelle moschee del nostro Paese – prosegue- sedicenti imam continueranno impunemente a propagandare dottrine che raffigurano la donna musulmana come una creatura impura e imperfetta, tragedie come quella di Hina sono destinate a ripetersi”.
Nello stesso giorno si lanciava contro l’UCOII svelando il suo vero progetto politico quello di un islam di Stato sottoposto al controllo governativo con imam nominati dall’alto ed una comunità ridotta al silenzio. “Solo negli ultimi anni – ricorda Santanchè- sono decine le immigrate musulmane giustiziate dai propri familiari solamente perché, come Hina, avevano comportamenti troppo occidentali. In questi stessi anni, i vertici dell’Ucoii, responsabili della gran parte dei luoghi di culto islamici in Italia, hanno continuato a prendersi gioco dei principi non negoziabili della nostra Carta Costituzionale, compreso quello che sancisce la fondamentale parità dei diritti tra uomo e donna. È ora che vengano chiamati a dar conto del loro comportamento”. “L’iniziativa del Movimento per l’Italia – prosegue Santanchè – in favore di una legge che prevede l’istituzione di un Registro pubblico delle nostre moschee e di un Albo professionale degli imam, affidati ad una Commissione mista di personalità italiane e del mondo musulmano democratico e riformatore, va in questa direzione. È la strada intrapresa da molti Paesi europei e sono certa che il ministro Maroni vorrà fare altrettanto. Tra la violenza fondamentalista sulle donne musulmane dell’immigrazione e la violenza del terrorismo islamico contro l’Occidente, il confine è molto più sottile di quanto possa sembrare”.(Fonte http://www.mpli.it/wp/?p=1756)
Questo nonostante il fatto che sia l’ADMI sia l’UCOII avessero condannato apertamente la violenza contro le donne non solo quella fisica ma anche quella psicologica o morale. Come dire: “non c’è sordo più sordo di chi non vuol sentire”.
salam
amina salina
Venerdì 19 Febbraio,2010 Ore: 22:49
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